COLLAGE
*EMIDIO BERNARDONE
Faccende di colla
Amo il collage perché è analogico, veloce, ambiguo, visionario e penso di non essere l’unico ad amarlo, dato che ultimamente è un lieto fiorire di libri, riviste, fanzine, giornaletti sadomaso e porno che pubblicano lavori ottenuti con questa preziosa tecnica che giunge orgogliosa al giorno d’oggi tal quale a com’era in origine. Schietta e sincera come la pessima birra nazionale. Conosco Emidio Bernardone per certe avventure avventurose avvenute un paio di anni fa. Mi suggerì il suo nome Margherita Cesaretti, leggiadra fotografa con il gusto del tormento e del quotidiano, mentre bevevamo birra (forse ero solo io a berla, però) davanti al Testaccio. Tornato a casa andai a sbirciare il blog di Emidio e capii che avevo la possibilità di collaborare con un autore originale e che sapeva come procurarsi la coccoina quando ne aveva bisogno. Dopo anni eccoci qui a quattr’occhi (virtuali), finalmente posso capire che problemi ha.
Emidio bentrovato. Come mai provi piacere a metterti seduto alla scrivania e ad appiccicare pezzetti di carta l’uno con l’altro sopra altri fogli di carta?
Mi siedo a volte, molto spesso rimango in piedi e comincio a girare intorno al tavolo per guardare il lavoro da più angolazioni, chiudo gli occhi, li riapro, socchiudo e vedo se quello che sto facendo mi soddisfa o se soddisfa i miei gatti che a turno saltano sul tavolo e mi dicono le loro impressioni sul lavoro. Non è solo appiccicare pezzi di carta, per me è come costruire un ponte, collegare mentalmente – e poi fisicamente – stralci, pezzetti, micro ritagli per riunire vari mondi e poi crearne uno nuovo. Fare collage è un lavoro delicato e prima di finirne uno magari passano 3/4 ore o 3/4 giorni.
Posso farti una domanda tecnica: che colla usi?
(ride) Mi piacerebbe dirti coccoina ma non è così, non mi sento ancora pronto ad usare il Santo Graal delle colle, uso molta Vinavil. La stendo con un pennellino, quello che usavo all’Università, non riesco a separarmene. Ultimamente (causa trasloco) uso colle stick – leggere, pratiche, zero sbatti (Milano docet)
Il collage è una disciplina artistica che mi affascina, ma penso di saperne troppo poco, me ne potresti parlare?Ne so meno di te.
Ti posso citare i grandi geni come la grandissima Hannan Hoch, Max Ernst o George Grosz che in pratica hanno dato il via, ma non saprei comunque spiegartela. Vado alla ricerca dei contemporanei più che andare a vedere il passato. Non sono molto bravo a spiegare, sono prolisso e a volte noioso. Wikipedia sicuramente te lo spiega meglio di me
Chi ti ispira?
Vari ed eventuali. Ci sono un sacco di ragazzi e ragazze che oggi si applicano per fare dei collage fregnissimi* e per forza di cose sono attratto da loro e dal loro lavoro pazzesco. Penso per prima cosa all’americano e mio amico di collage Fred Free, poi un’altra grande ispirazione è il francese Bill Noir con cui ho fatto una mostra due anni fa qua a Milano e una fanzine chiamata Zza. Poi ci sono Zach Collins, la tedesca Isabel Reitemeyer, la francese Rozenn Le Gall, poi Allan Beally, Micheal Tunk, Massimo Nota (che spacca il culo a tutti), Beatrice Squitti (top), Walter Paganuzzi, e ancora il belga Wim Maes, Musta Fior, Joe Castro e almeno altre 200/300 artisti sparsi per il mondo.
Hai un archivio di immagini? Lo visualizzo come uno scantinato pieno di faldoni divisi per argomenti in ordine alfabetico del tipo Animali, Anemoni, Antille e così per chilometri…
Ho una cantina quasi completamente invasa dalle cose che raccatto in giro per i mercatini. Ogni sabato, vicino casa mia ce n’è uno, dove per pochi euro ti danno fotografie, giornali, viti, bulloni, etc… La mia compagna non è molto entusiasta dell’invasione di carta, ma cosa non si fa per amore, giusto?
Ho due scaffali (in casa) con le riviste che uso di più. Quelle sono suddivise in ordine di appartenenza, non in ordine alfabetico. E’ un po’ come l’arca di Noè, gli animali con gli animali, la tecnologia con la tecnologia, il folklore con il folklore, le città con le città e via si seguito. Anche se la maggior parte degli elementi hanno un ordine, appena le uso tutto torna a farsi benedire dentro il caos più caotico che ci possa essere.
Seguendo la tua pagina su Facebook, ho notato che negli ultimi giorni ti sono arrivati parecchi pacchi da tutto il mondo, sono le collaborazioni tra artisti del collage. Ce ne puoi parlare?
Le collaborazioni – collage-collaboration – tra gente che fa i collage è una delle cose più fregne che mi sia capitato di fare.
Questi featuring sono proprio come le collaborazioni musicali, ognuno ci mette del suo e ogni volta succede una magia diversa, ogni artista ha uno stile e ogni volta a seconda della persona con cui collabori si produce un’opera differente, imprevedibile e pazzesca allo stesso tempo.
Ad esempio se tu fai collage e mi piace il tuo modo di lavorare ti contatto. Se tu accetti la mia proposta di fare qualcosa a quattro mani, io comincio uno, due o quanti altri collage decidi di fare, ti spedisco il mio materiale a casa e tu lo finisci, poi tu fai la stessa cosa con me, per scambiarci il favore. Una volta finito lo pubblichiamo sulla nostra bacheca, sito o quello che è. E’ tutto fottutamente punk. Nessuno se la tira, siamo tutti amici e tutti rispettiamo il lavoro altrui.
Quanti sono gli artisti del collage nel mondo? Esiste una specie di albo, sindacato, lega che vi tutela?
(ride) Di artisti o gente come me che non si considera tale ce ne sono parecchi, io avrò quasi 500 amici su facebook e almeno 300 fanno collage. Non esistono sindacati o albi ma semplicemente ci sono gruppi o collettivi, io faccio parte del collettivo creato dal grande Walter Paganuzzi che si chiama Oltre Collage ed è un gruppo che raccoglie collagisti italiani, col fine di riunire il meglio della scena e portarlo a farlo conoscere a tutto il mondo.
I tuoi lavori sono mai stati pubblicati?
Ho avuto alcune pubblicazioni in questi anni. Alcune fatte in proprio ed altre fatte con piccoli editori, come ad esempio Marco Nicotra (che saluto). Lui ha dato alle stampe Bolo, io sono nel numero 2, blog e rivista indipendente. In seguito, sempre tramite Marco, sono stato inserito in Optimum, opus che contiene tutto un trip sulle illusioni ottiche.
Poi c’è la fanzine che ho fatto con Bill Noir, la fanzine sulle tette che ho fatto con Marco e Sebastiano Branca la fanzine “Fobie” fatta con la mia amica Vania Valzasina aka Cranico. Da solo ho pubblicato una decina di fanzine a tiratura limitatissima tutte chiaramente home made. Ricordo ancora come se fosse ieri la collaborazione con Straoccupati che mi dato tante soddisfazioni.
Non so se sto tralasciando qualcosa ma che vuoi farci l’età avanza e i neuroni diminuiscono. Com’è che ti chiami tu?
Ultimamente mi è capitato di fare due chiacchiere con Scorpion Dagger (al secolo James Kerr) che lavora senza doversi impiastricciare le dita ottenendo risultati assolutamente interessanti. In teoria lui è un artista di collage digitale. Tu sei mai stato tentato dalla chimera digitale per realizzare i tuoi lavori?
ScorpionDagger spacca tutto, le sue gif sono fregnissime*. Per esigenze lavorative mi capita di fare cose in digitale e allora raccolgo la materia prima dai miei libri, li ritaglio a mano, li scannerizzo e li assemblo al computer, ma il più delle volte faccio tutto a mano.
Col lavoro manuale non puoi fregare nessuno e in primis te stesso. Se ho un personaggio o un ritaglio particolare non posso allargarlo o restringerlo con photoshop, devo usarlo così come l’ho trovato, non posso flippare (riflettere ndr) niente e i layer (livelli di lavoro ndr) sono quelli che ti crei tu. E non si spostano al comando di un click.
Nei miei lavori, la proporzione è 95% manuale e 5% digitale. Con questo non voglio fare l’estremista o il purista del manuale o del digitale, ognuno deve usare i mezzi che ritiene opportuni e se il risultato è fregno* ben venga qualsiasi metodo.
Parlarci del lato artistico di questa tua sublime attività, da dove ti giunge l’ispirazione?
Guardo molti siti, riviste e cerco di capire come possa fare un determinato percorso senza troppi intoppi, quando arrivo a capire quello che voglio mi metto come un frate certosino a tagliare, incollare e sporcarmi le mani.
Di solito torno a casa e se sono particolarmente tranquillo e nessuno mi rompe i coglioni mi metto a lavorare per tirar fuori dal cilindro almeno un collage. Poi dipende tanto dal tempo, io non faccio collage tutti i giorni, lavoro come grafico per pagare affitto e bollette e molte volte non c’ho proprio la testa per mettermi e fare collage a iosa. Negli ultimi mesi ho occhi solo per la mia Flora, la tromba che sto imparando a suonare con buona gioia dei vicini
Trattandosi di assemblaggi la tua mente, come dire, dovrebbe avere tantissime finestre aperte allo stesso tempo pronte a combinarsi tra di loro, a scattare come tagliole. O dico una cazzotta?
No non dici una cazzata. È esattamente così: ogni volta devo considerare tanti aspetti, ad esempio il tipo di carta che uso come fondo, se usare o meno i pennelli, quanti pezzi aggiungere, se quel ritaglio, quello scarto può fare o meno la differenza,
Devo dimostrarmi aperto a un linguaggio che può dare tante possibilità, a volte finisco un collage con due pezzi, altre volte ce ne vogliono dieci. L’importante come canta Mina è finire, e non mettersi fretta, il risultato finale poi arriva.
Affrontiamo un argomento che è caro un po’ a tutti noi, il sogno. Nelle tue realizzazioni ti avvicini al modo di agire dei sogni, dato che il collage è un patchwork di immagini prelevate da decine i fonti differenti e il sogno è una sorta di patchwork che “compone” il cervello utilizzando immagini pescate da ogni dove durante l’esperienza della veglia, tu che ne pensi di questa sottile similitudine? Quanto i tuoi lavori sono influenzati coscientemente o incoscientemente dal mondo onirico?
È molto interessante quello che dici perché in effetti collage e sogno possono essere uniti. I collage sono sogni rappresentati più o meno in modo consapevole, sono astrazioni di mondi sconosciuti che uniti su un foglio assumono significati nuovi. Poi dipende sempre da quello che ognuno sente. Dovrei affrontare di più questo dualismo.
Quanti collage non finiti hai in cameretta?
Nessuno in cameretta perché non ce l’ho più, qualcuno in sala ma è il cassetto della scrivania quello che contiene tutti gli scheletri.
Quando hai fatto il tuo prima collage?
Credo di aver realizzato il mio primo collage a scuola, alle elementari come tutti i miei coetanei. Mi pare che dovessimo fare un paesaggio utilizzando la carta, fu quello il mio primo ricordo che poi svanì per poi tornare più vivo che mai dopo vent’anni abbondanti.
Tra venti anni farai ancora collage?
Penso di sì.
Perché?
Devo imparare ancora tanto.
*fregnissimo, fregno et similia = “very top” in Abruzzoladyland